Una cosa ci è rimasta: la dignità. E la nostra dignità ci impedisce di entrare allo stadio oggi e, forse, anche in futuro.
Non
è il caso di scendere nei dettagli di cosa è successo domenica ad
Alghero. Basti questa brevissima sintesi: è successo esattamente il
contrario di quello che è stato scritto da qualche imbecille sui
giornali. E siccome a noi i giri di parole non piacciono, diciamo pure
che l’imbecille a cui ci riferiamo si chiama Mario Carta. Costui,
“giornalista” che alla Torres non ha mai messo piede, si occupa
solitamente di basket e martedì ha visto bene di scrivere un pezzo sul
dopopartita col Fertilia, nonostante egli non fosse presente. Attacchi
pesanti verso di noi, falsità enormi. Cose alle quali siamo abituati,
anche se stavolta ci sono andati davvero pesanti.
Ciò che più ci ha
irritato non sono però i soliti luoghi comuni contro gli ultras, ma le
parole spese per offendere noi, definendoci come il vero male di questo
sodalizio, la causa principale del suo tracollo nei dilettanti, il
motivo per cui pubblico ed imprenditori si sono allontanati. A guarnire
questo articolo di merda è stata poi la conclusione dove si puntava il
dito contro la società, rea di dare troppo peso ai tifosi poiché ne ha
legittimato l’ingresso negli spogliatoi.
Una marea di stronzate che
hanno descritto noi, gli unici a continuare a seguire la Torres SEMPRE,
come i responsabili di tutti i mali. Il silenzio della società a
riguardo è sconcertante. Sono stati accusati anche loro e non hanno
avuto le palle per replicare ma, soprattutto, sono stati accusati quei
tifosi che non l’hanno mai abbandonata, che la finanziano pagando ogni
domenica, che si sbattono per tenerla in vita nei momenti più critici.
Una
dirigenza totalmente assente, che in questi giorni ha aperto bocca solo
per annunciare la riapertura della campagna abbonamenti: che pena!
Il
loro silenzio-assenso a ciò che è stato scritto nel giornale locale, ci
fa capire quanto per loro siamo importanti, per cui ora vadano avanti
da soli, dando retta al sig. Mario Carta che, adesso che non ci saremo
più, avrà modo di vedere lo stadio riempirsi e dovrà placare la ressa di
imprenditori che finalmente potranno avvicinarsi alla Torres, dato che
il vero cancro è stato debellato.
Saranno tutti contenti ora, anche
quei solerti “uomini” che, per l’ennesima volta, hanno estratto dal
cilindro 9 nomi da sacrificare per mostrare all’opinione pubblica (ed al
loro ministro) che sono bravi a fare numeri. Poi se non è successo
nulla, se chi è stato coinvolto è estraneo ai fatti, se queste persone
dovranno pagarsi avvocati e passare comunque anni a firmare ogni
domenica….e se fra 5/6 anni il giudice decreterà che sono
innocenti….beh, a loro poco importa, tanto nessuno gli potrà dire
niente, hanno giocato con la vita di 9 persone e se hanno sbagliato
pazienza, l’importante è stato fare notizia. Intendiamoci: se viene
contestata la violenza è un conto, e in uno slancio di onestà
intellettuale diciamo pure che non ci consideriamo farina per fare
ostia. Ma qui si parla di altro.
La Torres siamo noi. Noi
rivendichiamo il dovere (non il diritto… il DO-VE-RE!) di contestare. E
il modo di contestare è quello che è stato mostrato ad Alghero:
l’accesso all’area dello stadio è stata opera di tutti (oltre un
centinaio di persone), ultras e semplici tifosi. E non si può certo
parlare di aggressione alle forze dell’ordine visto che tra carabinieri e
polizia c’erano si e no 10 agenti. Data la disparità di forze in campo
un’aggressione avrebbe davvero fatto finire qualcuno all’ospedale.
C’erano donne con bambini al seguito e nella delegazione che è entrata
negli spogliatoi c’erano ultras e attempatissimi tifosi. La terna
arbitrale è passata in mezzo ai contestatori senza che venisse proferita
una parola di dissenso e della contestazione non c’è traccia nel
referto arbitrale (a proposito, a Villasimius hanno squalificato il
campo per intemperanze nei confronti della terna arbitrale, ma questo
forse fa meno notizia), i tifosi hanno condiviso lo spazio antistante
gli spogliatoi con giocatori e dirigenti del Fertilia, il bancone del
rinfresco dopopartita (che qualsiasi scolaresca in gita avrebbe preso
d’assedio in quella circostanza) è rimasto imbandito e ordinato come se
intorno non fosse presente nessuno. Si sta spacciando un parapiglia
qualsiasi come la sorella minore (ma non troppo) della tragedia
dell’Heysel. E le cose non stanno per niente così!
In tutto ciò, come
detto prima, il silenzio della società è vergognoso perché è avvilente
vedere che, dal punto di vista etico, l’istituzione Torres non tutela la
propria figura e quella dei suoi tifosi; cosa ancora più grave poi, che
dal punto di vista pratico non sia stata presa posizione, rendendosi
complice del sistema disinformativo che ha creato i presupposti
mediatici all’azione della repressione a casaccio.
Noi, con sacrificio, disertiamo.
Curva Nord Sassari
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