C’era lo sciopero del tifo ieri allo Iacovone. L’intento era di protestare contro le nuove multe elevate nei confronti di alcuni ragazzi della curva nord. La loro colpa: aver esposto uno striscione con la scritta “Antonello vive”. Per chi non lo sapesse, Antonello era uno dei trascinatori della curva scomparso qualche anno fa. La legge è legge, e nessuno può obiettare che quei ragazzi l’abbiano violata. Tuttavia esiste il buon senso. Esiste anche una gamma di violazioni minori, che le autorità di polizia spesso tollerano: dai parcheggiatori abusivi alla guida senza casco o cintura. E’ evidente come il mancato rispetto di talune regole possa comportare un costo sociale ben più alto. Per quanto ci si possa sforzare, non riusciamo a capire quali conseguenze quello striscione avrebbe potuto causare alla collettività. Lo comprenderemmo se lo stesso avesse inneggiato alla violenza, al razzismo o all’intolleranza. Ma “Antonello vive” è solo un modo per ricordare una persona che non c’è più. Eppure a qualche ragazzo, l’aver voluto perseverare quel ricordo è costato 166,00 euro. Ieri è toccato ai pacifici ultras della Reggiana incappare nei rigori della legge. Improvvisamente, un fitto plotone di agenti del reparto mobile con in testa i caschi blù, ha fatto la sua apparizione nel settore ospiti per far rimuovere dei piccoli striscioni. Nessuno di questi recava frasi offensive o che inneggiassero all’odio. Per quasi tutta la gara è stato un continuo confronto tra le parti. Solerti funzionari hanno tallonato tutti coloro che reggessero una pezza per farli desistere dall’illegalità.
Immaginiamo che molti di loro saranno in seguito mutati o diffidati. Venti minuti dopo l’inizio della ripresa, i tifosi reggiani hanno abbandonato il settore loro riservato. Il gesto è stato dapprima salutato, con applausi e slogan, e poi imitato anche dagli ultras del Taranto.
In tribuna, altri agenti si sono preoccupati di far spostare da un gradone un disabile su sedia a rotella.
Meno male che più tardi il sindaco Stefano si è adoperato affinché tutti i disabili entrassero sul terreno di gioco. Ci sfugge la logica di tutto ciò. Perché non tollerare gli striscioni, visto che non recavano frasi offensive e non c’era stata nessuna manifestazione di violenza? Persino il presidente D’Addario ha affermato di essere stanco di taluni divieti e di questa “guerra” che contrappone gli ultras alla polizia. Non è stato rischioso far entrare un plotone di celerini in tenuta antisommossa? Non si era detto che la stessa presenza della polizia in qualche modo, per i più esagitati, potrebbe rappresentare un incitamento alla violenza? Ma il problema non è la polizia, che spesso non ha nemmeno i fondi per alimentare gli automezzi, ed il cui compito in fin dei conti è far rispettare la legge. Se poi all’interno, c’è qualcuno che ha deciso di dare sfogo al suo zelo, multando e diffidando chi issa innocui striscioni, per questi non possiamo che provare un sentimento di tristezza. Anche perché i reati gravi non sembrano diminuire. E se i furti e le rapine, secondo quanto rende noto il Viminale, calano è forse solo perché la gente è stanca di sporgere denunce che non avranno seguito. Ma non è contro la polizia, tra le cui fila c’è tanta gente seria e preparata, che vogliamo infierire. Il problema vero è la politica, di destra e di sinistra, che si ritrova unita nel promuovere una repressione a tutto campo il cui obiettivo sembra essere ben oltre la semplice eliminazione dei teppisti. Combattere la violenza negli stadi è, infatti, cosa ben diversa dal voler eliminare ogni forma di colore ed allegria al loro interno. Il sospetto è che si voglia allontanare sempre più la gente dagli stadi per favorire la diffusione delle pay-tv. Non permettere l’esposizione di striscioni di qualsiasi natura comincia a diventare un problema serio di democrazia. Lo striscione è uno strumento di libera espressione e, se non contiene incitamenti all’odio, la sua esposizione non deve essere vietata o soggetta ad alcuna autorizzazione. Questa legge va cambiata e subito. Non è un problema degli ultras, ma di tutti i cittadini che ancora hanno a cuore la libertà di pensiero. La maggior parte dei quali non si accompagna ad “escort” o tira coca.
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