Sir Weatherhill ha nel frattempo fatto scattare azioni legali per tutelare il marchio “Tessera del tifoso” da lui depositato. Riportiamo un’interessante intervista apparsa su Toro News:
D. Cosa vuol dire essere stato l’inventore della Carta del Tifoso, così imitata e così discussa in queste ultime settimane?
R. Per me è stato come vivere una grande avventura, in cui ho
scoperto delle cose che prima immaginavo solamente. Come la grande
passione per il calcio, che ancora continua ad animare i tifosi di tutta
l’Italia. Non solo i tifosi dei grandi club di serie A o serie B, ma
anche quelli della I e II Divisione. E persino quelli dei club
dilettantistici. Tutti hanno una grande voglia di partecipazione, di
dire la loro sul nostro amato gioco del calcio. Dovunque andavo a
presentare l’idea della Carta del Tifoso, trovavo entusiasmo e desiderio
di sentirsi uniti sotto la “Dea Eupalla”, come la chiamava il grande e
compianto Gianni Brera.
D. La cosa più importante che ha ricavato da questi incontri?
R. Ho pensato che il governo del calcio, il cosiddetto “Palazzo”,
poco veramente sa della vita e del retroterra culturale e filosofico dei
tifosi.
D. Cioè?
Mi spiego meglio. Anche se per farlo dovrò essere per forza un po’
polemico(cosa che in genere detesto). Io comprendo benissimo le ragioni
che hanno portato il ministro Maroni e le forze di polizia, a pensare di
utilizzare una tessera per l’ingresso negli stadi. La sicurezza e la
salvaguardia dell’incolumità dei tifosi è una cosa importante. Ovvio
come le forze di polizia e il ministro Maroni non hanno, e non sono
obbligati ad avere, una conoscenza del mondo del tifo organizzato e non.
Non è compito loro avere un contatto diretto con le esigenze dei
tifosi. Non sono loro a doverle interpretare. Per questo scopo dovrebbe
esserci la FGCI, che ha come suo compito principale la gestione e il
monitoraggio continuo di tutte le esigenze delle componenti del gioco
del calcio. E’ singolare come la FGCI, per bocca del presidente
Giancarlo Abete, non abbia detto nessuna parola sull’evidente disagio
(ed uso volutamente questa parola eufemistica) che i tifosi stanno
avendo verso la Tessera del Tifoso voluta dal Ministero dell’Interno.
Come è possibile che il numero uno dello sport del calcio non stia
cercando di mediare tra il ministro e i tifosi? Mi vien da pensare che
Giancarlo Abete nulla sa degli umori che attraversano coloro senza il
quale nulla esisterebbe nel calcio: i tifosi.
D. E’ un po’ duro in questa sua considerazione…
R. No, mi limito solo a registrare dei fatti ai quali sono legate
numerose anomalie. Mi chiedo: perché mancare così di rispetto ai tifosi?
Sa cosa sono i tanti vituperati ultrà?
D. Credo di averne un’idea…
R. Gli ultrà (tranne, ovviamente, le loro derivazioni più violente)
sono i depositari della storia delle loro squadre. Sono loro che
tramandano i racconti e le tradizioni che risalgono, in molte
situazioni, a quasi un secolo fa. Sono racconti di passione, di colori,
di valori. Ha mai visto, in televisione, dove istintivamente i giocatori
guardano non appena sbucano dal tunnel che porta sul campo di gioco?
Guardano la curva, dove tutto è esplosione di colori e di memoria. Mi
lasci dire che questi tifosi, questi ultrà, non meritano di avere la
sensazione di essere schedati come dei volgari delinquenti. Questa è
gente che fa anche delle grandi opere di volontariato, proprio come
tifoserie organizzate. Capisce di cosa stiamo parlando? Io credo che una
buona legge, debba per forza partire da valori e criteri condivisi. Non
puoi far avere la sensazione al cittadino di subire un’evidente
ingiustizia e mancanza di rispetto. Questa sarebbe la morte di qualsiasi
forma di affermazione di un diritto. Nemmeno un’esigenza di maggior
sicurezza può negare l’affermazione di un diritto.
D. Quindi?
R. Quindi una Carta del Tifoso non può che partire dal tifoso. Sono i
tifosi che devono organizzarla, strutturarla, proporne l’utilizzo alle
autorità competenti per qualsiasi cosa lo ritengano opportuno: biglietto
elettronico compreso. La Carta del Tifoso non deve essere ridotta, come
sta succedendo in questi giorni, ad un mero mezzo tecnico di controllo.
La Carta del Tifoso deve essere un progetto culturale che investe il
mondo del tifo italiano. Che non è fatto, tengo a sottolineare, solo
dagli ultrà. E un progetto culturale non può, e questo lo capirebbe
anche un bimbo, essere proposto dalle forze dell’ordine. Nonostante io
comprenda bene le ansie che il Ministro Maroni e le forze dell’ordine
hanno nel gestire ogni domenica l’evento calcio.
D. Dalle sue parole, si sta delineando l’intuizione da dove le è venuta l’idea della sua Carta del Tifoso
R. Infatti. Un’idea viene sempre da un’intuizione. Mi dispiace che
molti l’abbiano travisata questa intuizione. Ma mi lasci dire una cosa.
D. Prego.
R. A volte, in questi ultimi giorni, ho pensato di aver perso. Ho
ritenuto che avessero preso la mia idea di Carta del Tifoso e l’avessero
stravolta, per sempre. Poi ho ragionato e ho capito il grande risultato
che comunque ho raggiunto insieme a tutti i tifosi che mi hanno
accompagnato in questa avventura. Compresa la Federazione Italiana
Sostenitore Squadre di Calcio. La battaglia che ho condotto in tutte le
sedi dove ho potuto farlo, ha ottenuto il risultato di preservare i nomi
Carta del Tifoso o Tessera del Tifoso. Nessuna squadra di calcio
potrà usarli. Questi nomi sono registrati e protetti dalla legge e, come
giusto che sia, rimarranno per sempre a disposizione dei tifosi. Solo i
tifosi potranno avere, spero un giorno sempre più prossimo, un carta
che porti il loro nome nell’intestazione. Fosse stato solo per questo,
rifarei tutto quel che ho fatto anche da domani mattina.
D. Noto un senso di tristezza nelle sue parole.
R. Sì, è vero. Penso al grande danno che sta procurando questa
tessera del tifoso del Ministero dell’Interno: sta dividendo i tifosi.
Le divisioni, qualunque tipo di divisione, arrivano sempre dopo che
qualcuno ha avuto molta cura di creare confusione.
D. Si riferisce a qualcuno o qualcosa di preciso?
R. Sicuramente sì. Ma non vorrei qui dare l’impressione di voler
gettare facile discredito su qualcuno o qualcosa. Mi limito ad una
considerazione, a cui pensavo qualche giorno fa. Il calcio è diventato
come Michael Jackson, che forse era “morto” da tempo e aspettava
semplicemente un cosiddetto “coraggioso” che gli facesse un’iniezione
letale.
D. Un po’ forte come paragone…
R. E’ il paragone che la grave situazione merita. Le sembra normale
che molte società di calcio siano fallite, che altre siano sull’orlo
del fallimento, che altre ancora siano in mano a delle banche? Per non
parlare dei bilanci societari, che sono chiaramente dei porti nelle
nebbie. Poi un giorno arriva un tizio che emette una fidejussione falsa,
e una società gloriosa fallisce. Perde la sua storia, i suoi sogni, le
sue speranze. E questo tizio può far fallire una società di calcio, solo
perché ne è il presidente. I tifosi si svegliano un mattino, e trovano i
curatori fallimentari davanti agl’armadietti del campo di allenamento
della loro squadra del cuore. Rimangono attoniti, sconvolti, arrabbiati.
Possiamo fare qualcosa? Si chiedono. Ma dopo qualche istante la
risposta diventa scontata e laconica: non possiamo fare niente. Ma è
giusto tutto questo? Mi chiedo. Allora, dal giorno dopo, la colpa
diventa di tutti e di nessuno. Così succederà quando la tessera del
Ministero dell’Interno procurerà ancora più divisioni nel mondo della
tifoseria. Mi lasci essere malizioso: a qualcuno forse conviene questo
dividi et impera. E non mi riferisco al ministro Maroni, né alle forze
dell’ordine.
D. Lei è un fiume in piena, Weatherill.
R. Sono solo amareggiato. Sono anni che lavoro per unire, e si sa
quanto sia difficile unire le cose. Poi arriva qualcuno e riesce a
distruggere in un attimo quello che faticosamente si è costruito.
D. Ma, ripeto, chi è secondo lei il colpevole?
R. Colpevole è l’ambizione, la voglia di potere. Colpevole è il
desiderio di apparire ad ogni costo, di avere posti privilegiati allo
stadio. Colpevole è questa voglia di avere a tutti costi una qualunque
contiguità con le luci dei riflettori. L’insana voglia di poter dire
agl’altri tifosi “io mi sono seduto a cena accanto ad un dirigente di
società e al presidente”. La Bibbia dice che ci vuol poco per vendere
ciò che ci è più caro per un piatto di lenticchie. I tifosi devono
capire che devono ergersi a controparte di queste istituzioni, che hanno
portato il calcio ad avere il fiato corto.
D. Cosa ci può dire dei club?
R. I club, sulla vicenda della Carta del Tifoso, hanno raggiunto dei paradossi a dir poco comici. Ho
sentito società affermare che vogliono la carta per fidelizzare i loro
tifosi. Ma sono matti? I tifosi sono già fidelizzati al loro club! In
ogni partita che seguono lo dimostrano! Nemmeno esisterebbero le società
se non ci fosse alla base di tutto questa fidelizzazione spontanea dei
tifosi ai club per i quali tengono. Ma in quale mondo vivono i dirigenti che fanno queste comiche dichiarazioni?
D. In effetti è un po’ paradossale questa cosa…
R. Sa quale è la realtà? Questi dirigenti di club nemmeno conoscono i
loro tifosi. Se ne servono e basta. Non sanno nulla dei bisogni, dei
desideri dei tifosi. Ho conosciuto un tifoso milanista di una provincia
remota dell’Italia, ormai anziano, che non aveva mai visto una partita a
San Siro. Sarebbe stato il suo sogno aver potuto vedere, almeno una
volta nella vita, la sua squadra del cuore giocare nel suo palcoscenico.
Quasi gli venivano le lacrime agl’occhi mentre me lo raccontava. Non
pensa che sarebbe stato bello se per una volta la società Milan si fosse
interessata di lui? Se per una volta avesse speso pochi soldi per
portarlo a vedere il Milan a San Siro? Ma il Milan, come società,
nemmeno sa di queste cose. E come il Milan, tutte le società non sanno.
Solo i tifosi sono a conoscenza di queste storie, che sono storie di
passione e di amore. Due cose che hanno reso forti e leggendari tutti i
“brand” delle squadre di calcio. La mia idea di Carta del Tifoso è
sempre stata quella di favorire l’incontro tra tifosi e società. Devono
essere i tifosi a organizzarsi, attraverso questo mezzo straordinario
che può essere la Carta del Tifoso, per farsi conoscere dalle società.
Per partecipare attivamente alla vita della loro squadra del cuore anche
a centinaia di chilometri di distanza. Altro che biglietto elettronico e
convenzioni per farsi scontare qualche articolo di largo consumo.
Stiamo parlando d’amore, vogliamo capirlo o no? E poi stiamo parlando
anche di etica.
D. Come, scusi? Etica?
R. L’ho detto in più di un’occasione. La mia idea di carta prevede un
codice etico da rispettare, un codice etico che aiuterà a preservare i
valori di cui è portatore il gioco del calcio. Valori che, tengo a
precisarlo, fanno parte di tutti gli sport. La punizione, come abbiamo
visto anche in questi giorni in Inghilterra a proposito di nuovi scontri
tra tifoserie, non è mai stata prevenzione. E’ una favola. Ha mai visto nei Paesi dove vige la pena di morte scomparire i crimini? E’ una domanda talmente retorica questa, che anche i bambini ne conoscono la risposta.
D. Cosa ha intenzione di fare ora?
R. Intanto continuerò a cercare di unire i tifosi, specie quelli
silenziosi. Quelli che non hanno mai fatto parte di gruppi organizzati.
Che sono la maggioranza. Molti di questi mi hanno dato atti di stima
commoventi in questi giorni. Molti, addirittura, sono pronti a
sottoscrivere la mia Carta del Tifoso, fidandosi ad occhi chiusi del
progetto che in essa sarà contenuto. E si fidano perché hanno capito che
questa Carta è veramente la loro Carta. Poi cercherò di portare avanti
la battaglia in tutte le sedi possibili e immaginabili. E molte
tifoserie organizzate sono pronte ad affiancarmi.
D. Lei per chi tifa signor Weatherill?
R. Per il Manchester United! Sa che mi diceva sempre il nostro grande allenatore (e maggiore artefice del mito dei red devils) Matt
Busby, indicandomi i tifosi in fila per entrare allo stadio? “Ricordati
che il mio stipendio lo pagano loro. Avrò sempre cura di avere rispetto
per loro”. Questa lezione di Matt Busby non l’ho più dimenticata.
fabrizio.viscardi@toronews.net
fonte: Toro News
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