di Carmelo Pennisi*
C’è una notizia che circola in questi giorni per
tutto il BelPaese: sembra che la Carta o Tessera del tifoso sia stata
qualcosa inventata all’interno della polizia italiana. La fonte della
notizia è di quelle autorevoli, trattandosi del Ministro dell’Interno
Roberto Maroni. In una sua intervista rilasciata alla Gazzetta dello
Sport, si apprende che la pratica “Tessera del Tifoso” era già sul
tavolo del ministro, quando Maroni è arrivato al Viminale. Il ministro
di fresca nomina, cioè Roberto Maroni, colpito da questa idea (“idea non
mia”, ha tenuto a precisare il ministro), non ha dovuto far altro che
lavorare per metterla in pratica. Queste, in estrema sintesi, sono le
dichiarazioni di Maroni al Quotidiano Rosa. Dichiarazioni sorprendenti e
prudenti, come è nel
costume di un politico navigato e consumato, quale è Roberto Maroni. Il leader lumbard non ha precisato (prudentemente) quale percorso filosofico e pratico è stato fatto dalla polizia di stato, per giungere ad elaborare un’idea innovativa come la tessera del tifoso. Da quale tipo d’osservazione i professionisti del mantenimento dell’ordine pubblico, siano partiti per concludere che ci voleva un mezzo rapido e sicuro per tentare di debellare il fenomeno della violenza negli stadi. La cosa è strana, ad essere franchi, poiché ogni idea, ogni invenzione parte sempre da un’osservazione di un fenomeno empirico della realtà. Ricordate la mela che cadde dall’albero sulla testa di Newton, e che permise al celebre scienziato inglese di spiegarci molte cose sulla forza di gravità? Ecco, nelle vicende della tessera del tifoso del Ministero dell’interno, è proprio questa mela di Newton che manca. Ma andiamo indietro nel tempo, e cerchiamo di chiarire il mistero come se fossimo in un qualche celebre racconto del Commissario Montalbano. Partiamo dal primo indizio. Nell’estate del 2005 una serie di attentati di matrice islamica devastano Londra, città dove vive da sempre una numerosissima enclave italiana. Infatti quel giorno, pochi minuti dopo l’attentato, al Ministero dell’Interno, c’è un attivismo frenetico nel tentativo di avere qualche comunicazione telefonica con la capitale inglese, nelle speranza di avere notizie di prima mano sulla sorte dei cittadini italiani residenti nella Perfida Albione. Il caso vuole (il caso si preoccupa di dare sempre tracce e significati agl’accadimenti) che proprio quel giorno ci sia un cittadino inglese in uno dei tanti uffici ovattati del Viminale: l’ufficio del sottosegretario Alfredo Mantovano. Il cittadino inglese è Anthony Weatherill che, mentre nel monitor televisivo in dotazione dell’ufficio di Mantovano scorrono le drammatiche immagini che giungono da Londra, tenta di illustrare al sottosegretario agl’interni la validità di una piccola idea, che gli era venuta qualche anno prima: l’idea della Carta del Tifoso. Mantovano, con un occhio al monitor televisivo e un altro a Weatherill, ascolta la storia di questo bizzarro signore inglese, tifoso del Manchester United e nipote di Sir Matt Busby. Weatherill racconta come Matt Busby insistesse sempre molto sul rispetto che le società di calcio devono avere verso i propri tifosi, che dovrebbero essere sempre più coinvolti nelle vicende della propria squadra del cuore. Il tifoso, diceva Matt Busby, è il cuore pulsante del calcio, non il semplice acquirente di un biglietto per entrare allo stadio per assistere ad uno spettacolo. Il calcio, sosteneva il fondatore del mito del Manchester United, non è uno spettacolo di opera lirica, ma è uno splendido racconto che ci parla di passione e di generazioni che passano. Da queste parole del celebre parente, spiega Weatherill a Mantovano, era partita la sua intuizione. Il tifoso non doveva più essere un corpo estraneo delle società di calcio, ma doveva essere incluso in modo attivo nelle loro vicende. Ma come ciò poteva avvenire? Weatherill ci aveva pensato per anni, finché non gli cadde la sua mela sulla testa. Ci voleva qualcosa che rappresentasse in modo pratico e veloce, la voglia di partecipazione dei tifosi. Questo qualcosa Weatherill lo aveva individuato in una card plastificata tipo normale carta di credito bancaria, contenente un chip, un magico chip. Quel chip sarebbe stata la chiave di volta, il simbolo pratico della partecipazione di ogni tifoso alle vicende del calcio. Ecco la prima parola chiave: partecipazione. Mantovano ascoltò con attenzione le parole di Weatherill, e promise di girare il dossier carta del tifoso, presentato da Weatherill, all’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive e agl’organi competenti del Ministero dell’Interno. Secondo indizio. Perché Weatherill si recò a parlare con Alfredo Mantovano? Nel 2005 i problemi della violenza nel calcio si erano fatti sempre più pressanti e, tra la totale confusione e mancanza di idee, una piccola idea stava cominciando a farsi largo tra le autorità competenti: sostituire il biglietto cartaceo di ingresso allo stadio, con un biglietto elettronico. Con il dichiarato intento di poter controllare meglio le masse dei tifosi e, così, arginare i violenti. Di questo parlavano tutti i giornali nell’estate del 2005, poco prima dell’inizio della nuova stagione calcistica. Weatherill, che aveva compreso come un biglietto elettronico sarebbe diventato subito, agl’occhi dei tifosi, uno strumento da stato di polizia, voleva mettere al servizio della Lega Calcio e degli organi competenti la sua idea di Carta del Tifoso. Un’idea che, come detto, aveva come base il coinvolgimento dei tifosi nella sua gestione. Un cambiamento culturale, quindi, nei rapporti tra istituzioni calcistiche e tifosi. Una carta, quindi, che non nasceva per essere biglietto elettronico, ma che poteva essere messa anche al servizio della causa del biglietto elettronico. Da quel momento né Mantovano, né l’Osservatorio, né nessuno si fecero più vivi con Weatherill, che andò avanti per la sua strada, poiché non era certo il biglietto elettronico il core business della sua idea. Terzo indizio. Perché ignorare Weatherill e la sua carta del tifoso? Perché rischiare una causa dagli esiti certi con la società che gestisce il suo marchio di Carta del Tifoso e di Tessera del Tifoso? Weatherill ha da anni attivato una collaborazione con Federazione Italiana Sostenitori Squadre di Calcio (FISCC), a cui ha messo a disposizione il know how della sua Carta del Tifoso. Perché Maroni non ha mai cercato un contatto con FISCC? Perché si sostiene che Maroni non ha avuto come controparte nessuna organizzazione dei tifosi, affermando che non esiste nessuna organizzazione dei tifosi italiani? Eppure basterebbe cercare su internet il loro sito ufficiale…Insomma tutti indizi e domande, che ancora oggi rimangono senza risposta. E intanto la rivolta dei tifosi contro la Tessera del Tifoso del Ministero dell’Interno aumenta. Anche perché i tifosi, come già detto, sono anni che lavorano sulla realizzazione di una propria tessera autonoma, che li farebbe sentire tifosi e non possibili delinquenti schedati come se stessero per entrare in un carcere, piuttosto che in uno stadio. In conclusione, una domanda sorge spontanea: ma è così semplice, in Italia, stravolgere il senso di un’idea? Dalla storia di Anthony Weatherill, parrebbe di sì.
* Sceneggiatore film: ‘Ora e per sempre’costume di un politico navigato e consumato, quale è Roberto Maroni. Il leader lumbard non ha precisato (prudentemente) quale percorso filosofico e pratico è stato fatto dalla polizia di stato, per giungere ad elaborare un’idea innovativa come la tessera del tifoso. Da quale tipo d’osservazione i professionisti del mantenimento dell’ordine pubblico, siano partiti per concludere che ci voleva un mezzo rapido e sicuro per tentare di debellare il fenomeno della violenza negli stadi. La cosa è strana, ad essere franchi, poiché ogni idea, ogni invenzione parte sempre da un’osservazione di un fenomeno empirico della realtà. Ricordate la mela che cadde dall’albero sulla testa di Newton, e che permise al celebre scienziato inglese di spiegarci molte cose sulla forza di gravità? Ecco, nelle vicende della tessera del tifoso del Ministero dell’interno, è proprio questa mela di Newton che manca. Ma andiamo indietro nel tempo, e cerchiamo di chiarire il mistero come se fossimo in un qualche celebre racconto del Commissario Montalbano. Partiamo dal primo indizio. Nell’estate del 2005 una serie di attentati di matrice islamica devastano Londra, città dove vive da sempre una numerosissima enclave italiana. Infatti quel giorno, pochi minuti dopo l’attentato, al Ministero dell’Interno, c’è un attivismo frenetico nel tentativo di avere qualche comunicazione telefonica con la capitale inglese, nelle speranza di avere notizie di prima mano sulla sorte dei cittadini italiani residenti nella Perfida Albione. Il caso vuole (il caso si preoccupa di dare sempre tracce e significati agl’accadimenti) che proprio quel giorno ci sia un cittadino inglese in uno dei tanti uffici ovattati del Viminale: l’ufficio del sottosegretario Alfredo Mantovano. Il cittadino inglese è Anthony Weatherill che, mentre nel monitor televisivo in dotazione dell’ufficio di Mantovano scorrono le drammatiche immagini che giungono da Londra, tenta di illustrare al sottosegretario agl’interni la validità di una piccola idea, che gli era venuta qualche anno prima: l’idea della Carta del Tifoso. Mantovano, con un occhio al monitor televisivo e un altro a Weatherill, ascolta la storia di questo bizzarro signore inglese, tifoso del Manchester United e nipote di Sir Matt Busby. Weatherill racconta come Matt Busby insistesse sempre molto sul rispetto che le società di calcio devono avere verso i propri tifosi, che dovrebbero essere sempre più coinvolti nelle vicende della propria squadra del cuore. Il tifoso, diceva Matt Busby, è il cuore pulsante del calcio, non il semplice acquirente di un biglietto per entrare allo stadio per assistere ad uno spettacolo. Il calcio, sosteneva il fondatore del mito del Manchester United, non è uno spettacolo di opera lirica, ma è uno splendido racconto che ci parla di passione e di generazioni che passano. Da queste parole del celebre parente, spiega Weatherill a Mantovano, era partita la sua intuizione. Il tifoso non doveva più essere un corpo estraneo delle società di calcio, ma doveva essere incluso in modo attivo nelle loro vicende. Ma come ciò poteva avvenire? Weatherill ci aveva pensato per anni, finché non gli cadde la sua mela sulla testa. Ci voleva qualcosa che rappresentasse in modo pratico e veloce, la voglia di partecipazione dei tifosi. Questo qualcosa Weatherill lo aveva individuato in una card plastificata tipo normale carta di credito bancaria, contenente un chip, un magico chip. Quel chip sarebbe stata la chiave di volta, il simbolo pratico della partecipazione di ogni tifoso alle vicende del calcio. Ecco la prima parola chiave: partecipazione. Mantovano ascoltò con attenzione le parole di Weatherill, e promise di girare il dossier carta del tifoso, presentato da Weatherill, all’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive e agl’organi competenti del Ministero dell’Interno. Secondo indizio. Perché Weatherill si recò a parlare con Alfredo Mantovano? Nel 2005 i problemi della violenza nel calcio si erano fatti sempre più pressanti e, tra la totale confusione e mancanza di idee, una piccola idea stava cominciando a farsi largo tra le autorità competenti: sostituire il biglietto cartaceo di ingresso allo stadio, con un biglietto elettronico. Con il dichiarato intento di poter controllare meglio le masse dei tifosi e, così, arginare i violenti. Di questo parlavano tutti i giornali nell’estate del 2005, poco prima dell’inizio della nuova stagione calcistica. Weatherill, che aveva compreso come un biglietto elettronico sarebbe diventato subito, agl’occhi dei tifosi, uno strumento da stato di polizia, voleva mettere al servizio della Lega Calcio e degli organi competenti la sua idea di Carta del Tifoso. Un’idea che, come detto, aveva come base il coinvolgimento dei tifosi nella sua gestione. Un cambiamento culturale, quindi, nei rapporti tra istituzioni calcistiche e tifosi. Una carta, quindi, che non nasceva per essere biglietto elettronico, ma che poteva essere messa anche al servizio della causa del biglietto elettronico. Da quel momento né Mantovano, né l’Osservatorio, né nessuno si fecero più vivi con Weatherill, che andò avanti per la sua strada, poiché non era certo il biglietto elettronico il core business della sua idea. Terzo indizio. Perché ignorare Weatherill e la sua carta del tifoso? Perché rischiare una causa dagli esiti certi con la società che gestisce il suo marchio di Carta del Tifoso e di Tessera del Tifoso? Weatherill ha da anni attivato una collaborazione con Federazione Italiana Sostenitori Squadre di Calcio (FISCC), a cui ha messo a disposizione il know how della sua Carta del Tifoso. Perché Maroni non ha mai cercato un contatto con FISCC? Perché si sostiene che Maroni non ha avuto come controparte nessuna organizzazione dei tifosi, affermando che non esiste nessuna organizzazione dei tifosi italiani? Eppure basterebbe cercare su internet il loro sito ufficiale…Insomma tutti indizi e domande, che ancora oggi rimangono senza risposta. E intanto la rivolta dei tifosi contro la Tessera del Tifoso del Ministero dell’Interno aumenta. Anche perché i tifosi, come già detto, sono anni che lavorano sulla realizzazione di una propria tessera autonoma, che li farebbe sentire tifosi e non possibili delinquenti schedati come se stessero per entrare in un carcere, piuttosto che in uno stadio. In conclusione, una domanda sorge spontanea: ma è così semplice, in Italia, stravolgere il senso di un’idea? Dalla storia di Anthony Weatherill, parrebbe di sì.
fonte : Toronews
Nessun commento:
Posta un commento