L’articolo che segue, del 26 luglio 2009, è stato tratto dal sito internet de “Il Tempo”.
Omicidio Sandri, il padre: “Ora sappiamo chi lo ha ucciso”
Giorgio Sandri chiede di fare luce sulla vita privata dell’agente condannato per l’omicidio di Gabbo.
L’ex marito della moglie di Spaccarotella: “Voleva sparare anche a me”.
Giorgio Sandri chiede di fare luce sulla vita privata dell’agente
condannato per l’omicidio di Gabbo. L’ex marito della moglie di
Spaccarotella: “Voleva sparare anche a me”. Parla Mattia Lattanzi, 32
anni, padre della piccola N., una delle due bambine della moglie di
Spaccarotella, l’agente che ha ucciso Gabbo. Lattanzi in un’intervista a
“Visto” dice: “Ho preferito il silenzio finora ma adesso è giusto che
tutti sappiano che quell’uomo ha minacciato spesso di ammazzare me e mia
madre. In privato mi ha minacciato di spararmi. Sono preoccupato per
mia figlia: non è al sicuro”. Pronta la replica di Giorgio Sandri. Che
cosa ha provato nel leggere l’intervista a Mattia Lattanzi su
Spaccarotella? «Orrore, sono rimasto letteralmente terrorizzato. Esce
fuori la doppia personalità di quell’individuo, che per tutto il
processo non ha fatto altro che dire bugie, mentire spudoratamente. In
meno di 2 anni ha raccontato 5 diverse versioni sulla dinamica dello
sparo che ha tolto la vita a mio figlio. Ha sempre cercato di confondere
le idee, di depistare, per passare lui come una vittima….» Quale
sarebbe la doppia personalità dello Spaccarotella? «Quella che emerge da
questo spaccato della sua vita privata. Nessuno prima d’ora ci aveva
parlato di come è nella quotidianità l’omicida di Gabriele. Lattanzi lo
dipinge come una specie di mitomane, un esaltato dalla pistola facile,
una specie di Rambo che sa di essere impunito, diverso da come ad arte
si è presentato in pubblico e nelle interviste preconfezionate che ha
rilasciato per camuffarsi». Cioè? «Uno che minaccia dicendo: “Ti
faccio fuori, vengo con la pistola e ti ammazzo te e tua madre. Ti
ammazzo, sono un poliziotto e tu un criminale: ti posso sparare“.
Ecco, da oggi c’è quest’agghiacciante testimonianza sul suo modo di
essere, su come ragiona e pensa l’individuo che ha sparato in pieno
giorno sull’Autostrada del Sole contro una macchina in movimento
uccidendo il mio Gabriele». Non ha pensato che l’intervista possa
essere mossa dal livore di un padre ferito. «Certamente. Però dobbiamo
tenere anche in considerazione che Lattanzi ha fatto delle dichiarazioni
fortissime, per certi versi se vogliamo addirittura verosimili con
l’azione criminale che hanno raccontato alla Corte d’Assise di Arezzo i
testimoni oculari dello sparo dell’11 Novembre 2007. Credo invece che
Lattanzi abbia trovato il coraggio di dire quello che forse ad Arezzo
altri sanno ma non dicono per timore». In che senso? «Chi può impugnare
braccia parallele all’asfalto la propria arma d’ordinanza, a gambe
divaricate, puntare un auto per 10 secondi e sparare come fosse al
poligono di tiro? Chi se non un esaltato? Il signor Lattanzi parla di un
soggetto pericolosissimo, di uno che minaccia di uccidere il prossimo
perché consapevole di avere dalla sua la pistola. Allora mi chiedo:
perché l’omicida non è stato sottoposto a test psico-attitudinali? La
pistola è uno strumento di morte non può essere data a chiunque».
Allora perchè Lattanzi non ha denunciato le minacce di Spaccarotella?
«Lo lascia intendere nell’intervista. Probabilmente perché ha paura.
Lattanzi fornisce un secondo elemento inquietante. Un suo amico,
agente della Polizia, parlandogli dell’omicida di Gabriele, gli ha
riferito: “Se ami tua figlia, stai lontano da quello: è un esaltato. Uno
di quelli che crede di far tutto con la pistola”». Eppure ad
Arezzo è stata promossa un’azione a sostegno di Spaccarotella. «Forse
perché in questa triste vicenda in molti hanno creduto che sul banco
degli imputati ci fosse l’intero corpo della Polizia. Lo abbiamo sempre
detto: questo è un processo contro un singolo individuo che si è
macchiato di un orribile delitto. Non c’entra la Polizia di Stato come
non c’entra il calcio, le curve o il tifo». Adesso che cosa si sente di
dire? «Mi rivolgo ai mezzi di comunicazione di massa. Ora dico: basta
parlare di cose che non c’entrano con la vicenda di mio figlio! Noi
ricorreremo in Appello, nel caso poi anche in Cassazione. Spaccarotella
non lo mollo. Però si faccia finalmente giornalismo d’inchiesta. I
giornalisti si mettano sulle tracce di quanti conoscono o hanno
conosciuto l’assassino di mio figlio e raccontino una volta per tutte
chi è veramente. La nostra famiglia è stata passata a setaccio. Di noi
tutti sanno tutto. Di lui no».
fonte: www.boysparma1977.it
Nessun commento:
Posta un commento