Se ci chiedessero quale città potrebbe essere eletta a simbolo della
repressione contro ultras e tifosi, risponderemmo senza esitare:
Taranto! Certamente una delle tifoserie più turbolente del panorama
italiano, alla quale tuttavia è stato riservata una maniacale attenzione
repressiva.
Taranto non è una città facile, è la città più operaia del sud, la
più inquinata e la criminalità sta tornando quella di una volta.
Mettiamoci pure la crisi e la disoccupazione ed il quadro non è affatto
roseo. Eppure tutto passa in secondo piano, la preoccupazione principale
procurata dalla città jonica alle autorità sembrano essere i tifosi
della squadra locale.
Sandri viene ucciso ad Arezzo ed a Taranto, come a Bergamo, scatta la
protesta più violenta. Quanto dovranno pagare ancora i tarantini la
sospensione della partita interna con la Massese, di quel maledetto 11
novembre 2007?
Quest’anno, lo Jacovone è rimasto chiuso per tantissimo tempo per
lavori di adeguamento e di trasferte agli jonici ne sono state permesse
davvero poche.
In una lettera firmata al Corriere del Giorno un cittadino ci illustra in maniera chiara, il clima da tolleranza zero vissuto dai supporters jonici:
Egregio Direttore,
ogni cittadino di Taranto, assiste da qualche tempo ad un visibile
ritorno tra le nostre strade, di episodi delinquenziali come furti,
rapine, stupri, attentati dinamitardi e agguati con arma da fuoco,
nonché di fenomeni un tempo dimenticati come il contrabbando di
sigarette. Un crescendo di criminalità, un tempo sopita ma mai
debellata, che con l’alibi della crisi e della disoccupazione cerca di
prendere possesso del nostro territorio, delle nostre vite, della nostra
tranquillità. Se ne occupano tutti gli organi di informazione; ma
nessuno mai chiede conto alle istituzioni che dovrebbero garantire sulla
nostra sicurezza, di come hanno intenzione di combattere questi
fenomeni. Queste autorità snocciolano statistiche che dimostrerebbero un
calo di fenomeni delinquenziali. Statistiche evidentemente confutabili
sul nostro territorio. Di contro si nota un’attenzione costante e
maniacale, con dispiegamento di ingenti risorse, nei confronti del tifo
calcistico locale. Un atteggiamento non preventivo ma pretestuoso, con
divieti che al cittadino perbene, quello che paga il biglietto, le
tasse, che segue le regole del vivere civile, possono sembrare non solo
eccessivi, ma addirittura incostituzionali. Come se il tifoso fosse
l’apice del male assoluto. Una persona perbene non può andare in
trasferta, magari a farsi una mangiata con la famiglia o con gli amici
prima di una giornata di sport.
Trasferte che prima si facevano in tranquillità ora non sono più
possibili. Forse perché qualcuno ha la coda di paglia? Come si fa, ad
esempio, a rilasciare comunicati in cui si dice che Potenza è trasferta a
rischio per “gravi precedenti tra le tifoserie”, quando tutti sanno che
non è vero? Si ingenera il sospetto che si vogliano scaricare su
un’intera comunità le manchevolezze o gli atteggiamenti di
prevaricazione e di protervia che spesso hanno contraddistinto certi
“rappresentanti” dell’ordine pubblico. E’ mortificante giungere allo
stadio e sentirsi dare del tu da ragazzini in uniforme che potrebbero
essere tuoi figli, o sentirsi le mani addosso oppure il metal-detector,
manco fossimo potenziali terroristi. Per questo si chiede chiarezza. Che
le istituzioni facciano il proprio dovere con equilibrio e che facciano
sentire i tifosi protetti e non perseguitati. E i tifosi del Taranto,
in questo momento, stanno dimostrando grande civiltà e capacità di
sopportazione. O forse questo da fastidio a qualcuno?
Grazie
Nicola Dolente
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