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2 aprile 2009

A Taranto non si può tifare

Se ci chiedessero quale città potrebbe essere eletta a simbolo della repressione contro ultras e tifosi, risponderemmo senza esitare: Taranto! Certamente una delle tifoserie più turbolente del panorama italiano, alla quale tuttavia è stato riservata una maniacale attenzione repressiva.
Taranto non è una città facile, è la città più operaia del sud, la più inquinata e la criminalità sta tornando quella di una volta. Mettiamoci pure la crisi e la disoccupazione ed il quadro non è affatto roseo. Eppure tutto passa in secondo piano, la preoccupazione principale procurata dalla città jonica alle autorità sembrano essere i tifosi della squadra locale.
Sandri viene ucciso ad Arezzo ed a Taranto, come a Bergamo, scatta la protesta più violenta. Quanto dovranno pagare ancora i tarantini la sospensione della partita interna con la Massese, di quel maledetto 11 novembre 2007?
Quest’anno, lo Jacovone è rimasto chiuso per tantissimo tempo per lavori di adeguamento e di trasferte agli jonici ne sono state permesse davvero poche.

In una lettera firmata al Corriere del Giorno un cittadino ci illustra in maniera chiara, il clima da tolleranza zero vissuto dai supporters jonici: 

Egregio Direttore,
ogni cittadino di Taranto, assiste da qualche tempo ad un visibile ritorno tra le nostre strade, di episodi delinquenziali come furti, rapine, stupri, attentati dinamitardi e agguati con arma da fuoco, nonché di fenomeni un tempo dimenticati come il contrabbando di sigarette. Un crescendo di criminalità, un tempo sopita ma mai debellata, che con l’alibi della crisi e della disoccupazione cerca di prendere possesso del nostro territorio, delle nostre vite, della nostra tranquillità. Se ne occupano tutti gli organi di informazione; ma nessuno mai chiede conto alle istituzioni che dovrebbero garantire sulla nostra sicurezza, di come hanno intenzione di combattere questi fenomeni. Queste autorità snocciolano statistiche che dimostrerebbero un calo di fenomeni delinquenziali. Statistiche evidentemente confutabili sul nostro territorio. Di contro si nota un’attenzione costante e maniacale, con dispiegamento di ingenti risorse, nei confronti del tifo calcistico locale. Un atteggiamento non preventivo ma pretestuoso, con divieti che al cittadino perbene, quello che paga il biglietto, le tasse, che segue le regole del vivere civile, possono sembrare non solo eccessivi, ma addirittura incostituzionali. Come se il tifoso fosse l’apice del male assoluto. Una persona perbene non può andare in trasferta, magari a farsi una mangiata con la famiglia o con gli amici prima di una giornata di sport.
Trasferte che prima si facevano in tranquillità ora non sono più possibili. Forse perché qualcuno ha la coda di paglia? Come si fa, ad esempio, a rilasciare comunicati in cui si dice che Potenza è trasferta a rischio per “gravi precedenti tra le tifoserie”, quando tutti sanno che non è vero? Si ingenera il sospetto che si vogliano scaricare su un’intera comunità le manchevolezze o gli atteggiamenti di prevaricazione e di protervia che spesso hanno contraddistinto certi “rappresentanti” dell’ordine pubblico. E’ mortificante giungere allo stadio e sentirsi dare del tu da ragazzini in uniforme che potrebbero essere tuoi figli, o sentirsi le mani addosso oppure il metal-detector, manco fossimo potenziali terroristi. Per questo si chiede chiarezza. Che le istituzioni facciano il proprio dovere con equilibrio e che facciano sentire i tifosi protetti e non perseguitati. E i tifosi del Taranto, in questo momento, stanno dimostrando grande civiltà e capacità di sopportazione. O forse questo da fastidio a qualcuno?
Grazie
Nicola Dolente

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