Riportiamo integralmente il duro comunicato dei Boys Parma 1977 contro l’ennesimo divieto imposto dalle autorità (in)competenti in materia di ordine pubblico.
“Il Prefetto di Modena, nell’ordinanza
attuativa, ha stabilito che i biglietti siano venduti ai soli residenti
nella provincia di Modena. Ancora
una volta i diritti dei tifosi sono stati calpestati; così come accadde
ai modenesi all’andata, e così come accade a tante tifoserie ogni
settimana. E sempre: ingiustamente. Perché non c’è giustizia
nell’impedire l’esercizio delle libertà fondamentali. Perché nessuno,
mai e in nessun caso, può essere privato di ciò che gli spetta. Non
chiediamo quindi giustizia solo per noi, la chiediamo per tutti: per
tutti gli ultras, per tutti i tifosi, e per tutte le tifoserie d’Italia.
E la chiediamo senza ambiguità, senza tentennamenti, senza ammiccamenti
al potere. L’ordine pubblico non può essere garantito sospendendo i
diritti fondamentali delle persone.
Dopo le inique leggi speciali, dopo la schedatura preventiva con i
biglietti nominali, dopo le diffide, i tornelli, le telecamere, il
giallo esercito degli steward e (addirittura) le scandalose norme
anti-tifo: si chiudono stadi; settori di stadi; fino a selezionare gli
accessi praticando una discriminazione su base territoriale. E tutto
questo, ormai, è la regola. Così, quand’è possibile, si impediscono le
trasferte. Una politica che piace agli amanti della repressione e a chi,
da essa, punta a trarne un vantaggio economico. Perché impedendo le
trasferte si consolida una tendenza, per cui le partite fuori casa si
guardano alla tv (a pagamento). Un modo irragionevole di gestire
l’ordine pubblico o una strategia di mercato? Forse entrambi.
Il successo del calcio italiano è nel suo essere (tradizionalmente) uno
sport per tifosi. E’ stata la passione dei tifosi ad elevarlo a fenomeno
popolare. Perché la squadra (per noi) non è solo 11 calciatori, ma una
bandiera, una terra, una storia, una tradizione. E’ la nostra piccola
nazione, quella che sentiamo veramente nostra, quella che veramente ci
rappresenta. Parole che possono suonare ridicole a chi non è ultras o
tifoso, e che immaginiamo incomprensibili per il Comitato (Casms) e
l’Osservatorio, per i politicanti, e per chi vive il calcio solo per
denaro. Speculazione e repressione sono le loro parole d’ordine. Ma così
facendo uccidono la passione, precludendo qualsiasi futuro a questo
universo (che gestiscono ma non conoscono, e tanto meno amano). Gli
stadi vuoti dimostrano le loro colpe.
Il derby è l’apice della passione per tutta la tifoseria. E’ la sfida
con i rivali storici, quelli che ti sono vicini ma a cui sei
contrapposto nel modo più radicale. E’ sfottò che durano da sempre,
incontri e scontri che hanno fatto la storia, che hanno inorgoglito una
comunità o l’hanno fatta bruciare di rabbia. E’ racconti e avventure,
burle, gioie immense e voglia di riscatto. E’ ricordi di gioventù (per
qualcuno) e voglia di misurarsi con un mito (per qualcun altro). Per noi
è anche parmigianità. Perché il sentimento che ci contrappone ai nostri
rivali nasce dalla nostra tradizione e dalla nostra storia (bella o
brutta che sia). Ebbene: qualcuno sta uccidendo tutto questo.
Stanno annullando i derby. Ma solo quelli tra squadre di diverse città.
Quelli tra compagini dello stesso comune si giocano regolarmente, senza
particolari limitazioni. In tali casi, essendo la maggior parte dei
tifosi residenti sullo stesso territorio, l’unica alternativa sarebbe di
giocare a porte chiuse o di riservare l’ingresso ai soli abbonati di
casa. Ma nessuno si sogna di far giocare Inter-Milan, Roma-Lazio,
Sampdoria-Genoa e Lazio-Roma (guarda caso: tutti derby di Serie A) con
tali limitazioni. I fattori di rischio non sono certi minori, ma
evidentemente ci sono derby che devono essere aperti a tutti e altri che
possono non essere aperti a tutti. Se la giustizia è cieca, Casms,
Osservatorio e Lega Calcio sembrano vederci benissimo. Ma non vedono
lontano. Questa disparità di trattamenti, del tutto slegata dalle
problematiche di ordine pubblico, dimostra la pretestuosità dei loro
discorsi.
Oggi, per “ordine pubblico”, ci chiudono il settore ospiti e ci
precludono l’accesso allo stadio. Domani, per prevenire gli incidenti
stradali, ci vieteranno di circolare con mezzi a motore? Domani, per
prevenire le risse in discoteca, ci vieteranno di andare a ballare?
Il Parma sabato giocherà contro il Modena e noi non potremo sostenerlo.
Inutile, quindi, parlare di tifo. Perché il tifo si fa allo stadio e
noi, al Braglia, non potremo entrare.
Siamo arrabbiati. Come immaginiamo lo siano tutti coloro che avrebbero
voluto seguire i crociati; come lo sono stati, lo sono e lo saranno
tutti quei tifosi (come noi) costretti a subire queste ingiustizie.
Invitiamo tutti i tifosi di Parma a farsi sentire, e a protestare nelle
sedi opportune. Quando si subisce un torto senza reagire è quasi certo
che se ne subiranno di ulteriori.
Rivogliamo le nostre emozioni, rivogliamo i nostri diritti, rivogliamo i nostri derby.
Boys Parma 1977″
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