Ci
risiamo, inizia il campionato di calcio, con esso i primi disordini, ed
ecco che sapientoni e politici di ogni sorta si lanciano in analisi sul
fenomeno “Ultras”. Stavolta, l'occasione è stata loro fornita dai danni
provocati dai napoletani in partenza per Roma. In breve, giusto per chi
non lo sapesse, ci sono stati scontri con la polizia alle stazioni di
Napoli e Roma, ed è stato danneggiato un treno.
Penso
che sia bene chiarire un aspetto. Il danneggiare un treno non ha nulla a
che fare con gli “ultras”. Quasi sempre questo tipo di “disordini”
accadono in quelle che vengono definite “trasferte a rischio”. Come mai?
Molto semplice, a quel tipo di trasferte partecipano spesso gruppi di
persone che non fanno parte del “tifo organizzato”. Perché? Semplice, è
più facile creare incidenti e lasciarsi andare al vandalismo. Ecco
svelato perché ogni volta che succedono, le Questure sostengono che
dentro gli “ultras” si infiltra la delinquenza organizzata; infatti,
molto spesso questi “estranei” hanno già precedenti penali, e
ovviamente, in realtà dove la criminalità organizzata è diffusa è facile
che questi giovani, e meno giovani, ne siano coinvolti. Altra doverosa
precisazione è che il fenomeno “ultras” non ha nulla a che vedere con lo
sport, ma vive di vita propria; ne siano prova i cori delle ormai
disciolte “Brigate Gialloblu”, che erano più incentrati ad
autoincensarsi che non a sostenere la propria squadra, l'Hellas Verona;
oppure gemellaggi storici, come quello tra interisti e laziali, che
reggono “sgarbi” sportivi incredibili e rivalità che sfociano in scontri
tra ultras di squadre che si sono incontrate rarissime volte, come
Cosenza e Siena.
Detto che bisogna distinguere tra ultras e violenti occasionali, forse qualche considerazione va fatta.
Intanto
penso che non sia possibile considerare un fenomeno sociale che
coinvolge milioni di persone in ogni angolo del mondo, senza differenze
etniche, economiche, religiose, politiche,ecc, come
un fenomeno di ordine pubblico. In realtà, i gruppi ultras
rappresentano una vera e propria “sottocultura”. Questo termine venne
coniato negli anni '60-'70 per definire quei movimenti giovanili che
proponevano uno stile di vita alternativo a quello maggiormente diffuso,
propugnando valori diversi (per esempio il movimento beatnik ed il suo
uso libero di droga e di sesso). Infatti, all'interno del gruppo
esistono alcuni valori (amicizia, senso del pericolo, vivere
avventurosamente) che hanno una forte valenza aggregativa, e che
rappresentano una cultura altra rispetto a quella della cosiddetta “società civile”.
Quand'è
che una tale controcultura diventa criminale? Questo è forse l'aspetto
più interessante della vicenda. Credo che lo Stato giochi un ruolo molto
importante in questo sviluppo. Per capirlo meglio, consideriamo l'epoca
in cui il fenomeno ultras diventa di massa. Se i primi gruppi ultras
nascono negli anni '60, è con la fine degli anni '70 e per tutti gli
anni '80, che il fenomeno si amplifica fino a diventare di massa. Cosa è
successo in quel lasso di tempo? E' finita la stagione dell'impegno
politico e della lotta armata. Possono sembrare due eventi distanti da
loro, il terrorismo e gli ultras, ma
in realtà sono strettamente correlati. Dovrebbe essere noto a tutti che
una componente di violenza giovanile all'interno di una società è
ineliminabile; allora lo Stato decide di gestirla, visto che non la può
eliminare. Con la stagione degli “anni di piombo”, lo Stato non accetta
più che i giovani si ritrovino nelle piazze, troppo pericoloso! Così da
il via alla repressione politica, a base di infiltrati, doppiogiochisti,
servizi segreti deviati, retate in grande stile, uccisioni
extra-giudiziare, e tutto quello che ormai è quasi storia. A quel punto
per i “giovani violenti” la strada della lotta politica è diventata
impercorribile; meglio cercare nuovi lidi. Ecco che la massa si sposta
negli stadi. Ma in fondo anche allo Stato va bene: meglio che si
sfoghino dentro uno stadio, dove sono più controllabili e meno
pericolosi. E da allora il fenomeno ultras è progredito nel tempo.
Va
anche rilevato però, che è anche posto a controlli dello Stato,
affinché non si rischi di ricadere nelle manipolazioni politiche. Chi
oggi sostiene che le curve sono infiltrate da movimenti politici, forse
scorda come negli anni '80 e '90, simboli neofasciti facevano bella
mostra in vari stadi d'Italia (Milano, Roma, Verona, Palermo), così come
erano numerosi gli stadi con le “bandiere rosse” e quelle del Che
(Livorno, Empoli, Bergamo, Salerno, Pisa). Quando il rischio divenne
troppo alto lo Stato intervenne, e i simboli politici sparirono dagli
stadi. Vogliamo forse credere che lo Stato capace di cancellare
movimenti extraparlamentari nel giro di qualche anno, non riesce a
debellare i violenti allo stadio in oltre trenta anni?
Cosa
dimostra questo? Che lo Stato non solo accetta il fenomeno ultras, ma
lo gestisce e lo manipola a suo piacimento. I leaders degli ultras non
sono personaggi anonimi che vivono in clandestinità, anzi hanno bisogno
della massima pubblicità per acquisire peso. Il capo di quelli
dell'Inter, Caravita, ha partecipato ai festeggiamenti per il centenario
della società insieme a Moratti; gli Irriducibili della Lazio gestivano
svariati negozi a nome del gruppo, il “Barone” del Milan è stato
intervistato da Sky. Si badi bene, che tutti questi personaggi hanno
carichi pendenti alle spalle, quindi la Polizia sa benissimo chi sono e
cosa fanno, ma non ha alcun interesse ad intervenire. E' inutile che
Maroni invii i commissari a Napoli, costringendo Prefetto e Questore ad
inventarsi fantomatici disegni criminali dietro agli scontri alla
stazione: la Camorra avrebbe voluto creare incidenti nascondendosi
dietro alla bandiera del calcio! Suvvia, tutti noi sappiamo come ragiona
la polizia in Italia: contenere i danni. E' stato meglio sacrificare un
treno che cercare di ricacciare migliaia di persone a casa con la
forza! Che poi questo significa perdità della legalità, poco importa!
Altra
cosa curiosa, è il “peso” che viene dato alle violenze legate al mondo
del calcio rispetto ad altre situazioni criminali presenti nella
società.
Molto
spesso sentiamo di risse in discoteca, non mi pare che vengano emesse
diffideper 3 anni a frequentare locali notturni. Ancora, la conta dei
morti sulle strade ogni week-end, o festività varia, sembra quella di
una guerra, oppure non si parla di proibire vacanze o spostamenti di una
certa lunghezza o in certi giorni a chicchesia!
Un
sociologo americano scrisse che “ il carattere deviante di un atto
risiede nel modo in cui questo è definito dalla mentalità pubblica” (
Becker, “Criminologia sotto accusa”, 1971). Un responsabile di
“Trenitalia” chiedeva pene severissime per quei delinquenti che avevano
provocato qualche migliaio di danni ad un treno e a due stazioni. Il
Ministro Maroni invoca il pugno di ferro, l'opposizione chiede il
carcere a vita, ecc. La cosa curiosa è che all' ex amministratore di
Alitalia è stata pagata una buonauscita di svariati milioni di Euro, pur
avendo creato danni per miliardi di Euro che noi cittadini pagheremo, e
non ho sentito nessuno chiedere l'ergastolo. I politici? Ma se hanno
votato il condono per reati come lo stupro, l'omicidio, ecc, come fanno
ora a chiedere pene esemplari per chi ha rotto un finestrino di un
treno? La gente si lamenta per quello che ci costa la polizia a
presidiare la domenica gli stadi? Ma lo stesso discorso si può fare per i
costi per le polizie municipali; basterebbe rispettare il codice della
strada e sarebbe superfluo spendere milioni di Euro per pattuglie,
autovelox, ecc. Non parliamo della ridicola proposta di accusare gli
ultras di “associazione criminale” (ma c'è stato di peggio, quando
proposero di accusare gli ultras di terrorismo). Non sarebbe più serio
accusare di associazione a delinquere un gruppo che annovera tra le sue
fila, compreso il suo capo, decine e decine di criminali, che si
arricchiscono alle spalle della gente, creando danni per milioni di
miliardi allo Stato? A chi mi riferisco? A qualche terribile gruppo
ultras? No, al Parlamento Italiano!
La
realtà è che gli ultras fanno comodo così, da un lato tengono
“occupati” le migliaia di giovani che potrebbero tornare in piazza a
sfogare la loro violenza, e dall'altra sono rassicuranti per tutti, in
fondo serve sempre qualcuno che ci fa sentire “buoni e bravi”.
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