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28 settembre 2007
Comunicato Vecchi Ultrà Venezia Mestre 1998
Umiltà che continuano a non dimostrare, purtroppo, certi ragazzini (specchio della società moderna) strumentalizzati come al solito da interessi politici totalmente estranei al movimento ultras e al mondo calcio.
In questi giorni alcuni politici (militanti ovviamente in partiti di sinistra e centro sinistra quali Rifondazione Comunista, Verdi e Margherita) hanno depositato al sindaco di Venezia Cacciari, un interrogazione per mezzo la quale vengono mosse, ai Vecchi Ultrà, accuse infamanti e pesantissime prive di ogni fondamento tra le quali: violenze, minacce, militanza in partiti e/o gruppi di estrema destra ecc.
La "recidiva" Nuova Venezia, solo una settimana fa, si era messa in evidenza pubblicando un articolo relativo all'arrivo in laguna di un nuovo socio, articolo vergognoso che mirava a screditare l'immagine di Agnellini (imprenditore bresciano indagato in passato per aver militato in gruppi di estrema destra, amico dei fratelli Poletti interessato ad investire nuovi fondi nella società), ma che per "La Nuova Venezia" risulta essere solo ed esclusivamente un "Ex Terrorista" (intitolavano così le locandine il giorno dopo la pubblicazione dell'articolo). Sempre in merito al caso Agnellini, vogliamo ricordare come, circa un anno fa, dopo essere stato presentato come il nuovo socio della SS. Calcio Venezia, a causa di pressioni politiche e a causa di attacchi mediatici fu costretto, solamente dopo poche ore, a dimettersi dalla nomina. Alla luce di quanto sta accadendo sosteniamo che è in atto una "Campagna Preventiva di Repressione" nei confronti di chi pensa e agisce contro gli interessi dei politici e dei giornali a Venezia.
I Vecchi Ultrà negando qualsiasi tipo di associazione-collaborazione con gruppi e/o partiti di estrema destra ribadendo la linea apolitica del gruppo invitano i politici in questione ad occuparsi di argomenti più seri evitando di sprecare il loro tempo (e quindi il nostro danaro) per inutili e indocumentabili interrogazioni e invitano i giornalisti a non abusare della carta stampata come mezzo di disinformazione e diffamazione.
In una società priva di qualsiasi valore e governata da una finta democrazia e libertà ringraziamo tra tutti: la giunta di Venezia e le redazioni dei quotidiani sopra citati per il rispetto, la professionalità, la coerenza e per l'imparzialità dimostrata.
VECCHI ULTRA' 1998
25 settembre 2007
Comunicato ufficiale Curva Sud Milano
Chi ha voluto strumentalizzare il nostro sciopero pacifico,parlando di interessi inesistenti,nonché lanciando illazioni a sproposito,dovrebbe almeno dimostrare tutto questo,fornendo spiegazioni appropriate. Sottolineamo che la nostra è stata una contestazione pacifica senza minacciare nessuno ! La Curva Sud dopo averne discusso internamente e con le persone a cui è mancato maggiormente il calore della Curva e lapporto canoro,prendendo atto di ciò,comunica che dalla gara interna col Parma di sabato sera,riprenderà a cantare,ma ribadisce che: rivogliamo i nostri tamburi, le nostre bandiere e i nostri megafoni per tornare a colorare la curva. Siamo la mente pensante delle coreografie, siamo il dodicesimo giocatore in campo, siamo quelli che seguono ovunque e sempre.Quando la squadra vince e va bene ma anche quando questa va male e lo stadio e semideserto. Siamo quelli che riempiono una curva anche in una partita di Coppa Italia, quelli che fanno sacrifici economici per andare in trasferta e che non fanno mai mancare il loro apporto. Vogliamo riportare il folklore in curva e tornare a tifare come abbiamo sempre fatto,tuttavia,se questo è il calcio che volete,
QUESTO E IL CALCIO CHE AVRETE,IN SILENZIO.
23 settembre 2007
Libertà di espressione - Libertà di essere ultras
Abbandonare la curva, la maglia, la squadra a cui vorremmo sempre dare il nostro sostegno, è stata una decisione molto sofferta, ma necessaria per dare ancora una volta un segnale forte contro questo decreto liberticida.
Un messaggio rivolto a tutti coloro che tengono a cuore il tifo sipontino, a tutti coloro che non vogliono che 16 anni di storia di curva finiscano, a tutti coloro che non vogliono che lo stadio si trasformi in un teatro senza colore e senza calore, a tutti coloro che ritengono assurde queste disposizioni legislative e credono possano essere cambiate.
Noi ci crediamo e per questo oggi fuori dal Miramare esporremo pannelli fotografici ed informativi per invitarvi a meditare su come certe cose, come accendere una torcia, sventolare una bandiera ed esporre uno striscione, oggi vengano recriminalizzate e messe alla pari di reati come il furto!
Gli scatti in mostra hanno l’obiettivo di far capire a tutti, anche a chi ci prende alla leggera, il perché siamo ostinati a non mollare e di far tornare alle menti momenti del tifo Sipontino, quando la curva era ancora uno spazio libero senza censura e senza autorizzazioni.
fonte: calciopress.net
21 settembre 2007
Calcio, quando si fischia un inno nazionale...
Non accennano a placarsi gli strascichi innescati dai vari opinionisti pseudo calciofili sull’inno nazionale francese fischiato dai tifosi azzurri prima dell’attesissima gara Italia-Francia disputata allo stadio Meazza di Milano e terminata zero a zero.
Tanti i giudizi e le opinioni espressi in merito alla vicenda. Le dichiarazioni da parte di personaggi del mondo politico e del mondo dello sport non si sono fatte attendere. Colpisce quella di Vittorio Sgarbi, personaggio di indiscussa cultura. Riferendosi al regolamento SIAE (società italiana autori editori) ha dichiarato ammissibile il proferire fischi all’inno nazionale francese. In quanto il pubblico del Meazza aveva pagato un regolare biglietto di accesso allo stadio.
Caro Sgarbi, Lei che ricopre la carica di Assessore alla Cultura del Comune di Milano, probabilmente disconosce che la gara valida per le qualificazioni al prossimo campionato europeo Italia- Francia si è giocata allo stadio Meazza di Milano non al Teatro la Scala. Sarebbe stato giustificabile l’atteggiamento dei tifosi azzurri se avessero fischiato dal loggione del celebre teatro milanese, icona della lirica internazionale, un do di petto steccato dal Radames di turno nell’Aida di Giuseppe Verdi.
Contrariamente alla dolce melodia del grande maestro di Busseto, gli ottantamila del Meazza fischiavano la Marsigliese, l’inno nazionale francese. Gli satdi calcistic non sono e non devono essere considerate zone franche dove tutto è permesso.
Fischiare un inno nazionale non è corretto, questo per essere ancora più chiari. Che sia la Marsigliese come quello del Camerun, mon cambia nulla. L’inno francese non rappresenta i Domenech o gli Hanry, ma un intero popolo che probabilmente neppure s’identifica nella propria nazionale di calcio.
La nostra cara e attempata Europa, unificata solo per quanto riguarda la moneta di scambio, ha mostrato di non essere ancora all’altezza della situazione e di averne ancora moltab di strada da percorrere.
fonte: calciopress.net
19 settembre 2007
"Giovanna Melandri, a nudo"
Il ministro Giovanna Melandri, in alcune interviste recenti, ha dichiarato che bisogna privatizzare gli stadi italiani. In pratica: toglierli alle comunità per cederli alle SpA del pallone. Il ministro, ancora una volta, si dimostra perfettamente in sintonia con la Lega Calcio, tanto da sembrarne un mero referente (come lo fu Giuseppe Pisanu). Antonio Matarrese, presidente della confindustria del pallone, è molto esplicito: privatizzare gli impianti e costruire strutture commerciali. Questo vogliono gli imprenditori dal calcio (per guadagnare sempre di più), e questo la Melandri (Ministro per le Politiche Giovanili e le Attività sportive) vuole dargli. Ma per dare a loro (pochi), dovrà togliere a noi (il Paese): aree, ricchezza, simboli e monumenti delle comunità; gli stadi italiani. E questo è proprio quello che fanno abitualmente i politici contemporanei (di destra e di sinistra): tolgono al Paese per regalare a chi detiene il potere economico.
La cosa curiosa è che la Melandri è presentata, da un circuito compiacente e interessato, come un ministro deciso a contrastare le politiche anti-sociali dei potenti del pallone. Addirittura, come l'esponente del Governo che potrebbe aiutare ultras e tifosi a riottenere i diritti perduti. Follia pura? No, una strategia ben precisa. Si adottano politiche che favoriscono i potenti, ma le si spacciano per iniziative sociali. Si scrivono leggi anti-ultras, ma si parla di toglierle. Si vietano striscioni e bandiere ma si dice d'amare il tifo «colorato e scatenato». Si vota in Parlamento a favore della repressione, ma poi si dice che si è contrari. La doppiezza tipica degli uomini del nostro sistema, che favoriscono i potenti ma si sforzano di conservare il consenso popolare (o meglio: i voti).
In agosto la Melandri dichiarava che si sarebbe impegnata a chiedere al ministro Giuliano Amato (Interni) di rivedere le disposizioni sugli striscioni emanate dall'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive. In parole povere: il divieto per tamburi, impianti audio e megafoni, sarebbe comunque rimasto; forse sarebbe stato ripristinato il diritto ad esporre liberamente gli striscioni. Premesso che ad oggi rimaniamo senza diritti, ciò è bastato (a qualcuno) per propagandare il ministro come una nuova e coraggiosa Giovanna d'Arco, che avrebbe guidato gli ultras verso la libertà. Ma la "Pulzella d'Orleans" italica non sembra guidata da Dio, ma dagli industriali del pallone.
Le norme anti-tifo dell'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, ovvero: i divieti per striscioni, bandiere, megafoni, tamburi, impianti audio, coreografie, ecc., derivano da un emendamento introdotto dal Senato al decreto Melandri-Amato, a cui NESSUN POLITICO votò contro (fu poi cancellato da una commissione della Camera).
In quei giorni andava particolarmente di moda la "tolleranza zero" con ultras e tifosi. In pieno clima di "caccia alla streghe" neppure un partito, neppure un movimento, neppure un senatore, si schierò dalla parte del DIRITTO. E tanti ipocriti li seguirono, vendendosi come sgualdrine; senza orgoglio, senza lealtà e senza stile. Gli stessi che oggi cercano di riciclarsi.
Ad alcuni mesi di distanza il ministro Giovanna Melandri, tra gli artefici del decreto anti-ultras più repressivo e barbaro della storia, ha fatto sapere che si sarebbe mosso per farci restituire alcuni (ma solo alcuni) di quei diritti civili che ha contribuito a sottrarci, avvallando l'applicazione di norme anticostituzionali che interessano un campo che è anche di sua competenza (politiche giovanili e sport).
Qualcuno, forse perché affetto da una gravissima forma di sindrome di Stoccolma, o forse (più probabilmente) perché ha interessi più vicini a quelli del ministro che a quelli di ultras e tifosi, ha pensato bene di fargli tanta buona propaganda.
Dopo la morte di Filippo Raciti, per giustificare la soppressione del tifo e della libertà d'espressione negli stadi, il ministro Melandri raccontò al Paese che "bisognava pur far qualcosa". Come se vietare striscioni e bandiere, tamburi e megafoni, coreografie e colori, servisse a risolvere i grandi problemi sociali di Catania, della Sicilia, o addirittura di tutt'Italia.
Ma poi, chi uccise veramente l'ispettore capo Filippo Raciti? Nonostante la censura di molti media, c'è anche l'ipotesi che sia stato accidentalmente investito (come scritto da L'Espresso) dal fuoristrada dei suoi stessi colleghi. Di sicuro, ad oggi (e sono passati 7 mesi), non si sa ancora la verità. Ebbene: il decreto Melandri-Amato fu varato dopo soli 5 giorni, quando la conoscenza dei fatti era ancor più approssimativa. Un tempo record, sfruttando e pilotando l'indignazione popolare, per arrivare ad applicare una legge (su misura agli interessi degli industriali del pallone) e le norme dell'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, quelle che la Melandri difese come necessarie, e che assicurò non avrebbero proibito il tifo «colorato e scatenato» (perché il tifo va bene, purché sia allineato agli interessi dei potenti). Norme (guarda caso) proposte dalla Lega Calcio (per censurare e disgregare il libero tifo degli ultras indipendenti), che il Parlamento non ha neppure avuto il coraggio di chiamare "Legge".
Noi chiedevamo giustizia, per tutti. Loro sfruttavano ignobilmente la morte di un uomo, per fare gli interessi degli imperi economici che occupano il calcio.
Oggi, noi continuiamo a chiedere giustizia, per tutti. Loro chiedono di privatizzare gli stadi e di costruirvi strutture commerciali.
Il re è nudo, con tutti i suoi amici e tutti i suoi servi.
DOPO "GIOVANNA MELANDRI, A NUDO". LA CENSURA?
Il 19 settembre abbiamo pubblicato sul nostro sito l'articolo "Giovanna Melandri, a nudo". Il giorno dopo www.boysparma1977.it è stato penalizzato da Google (il motore di ricerca più utilizzato al mondo), dov'era piazzato ai primissimi posti per una moltitudine di ricerche (riguardanti i tanti temi sviluppati sul sito).
Senza addentrarci in spiegazioni tecniche difficilmente comprensibili a chi non mastica informatica, facciamo presente che un articolo facilmente rintracciato da Google avrà moltissimi più lettori (quando tratta di temi d'interesse non solo locale) di uno non facilmente reperibile. In pratica: una difficile rintracciabilità su Google ne limita, ENORMEMENTE, la diffusione.
Un esempio pratico: il nostro articolo AVREBBE POTUTO (per contenuti e codice) essere facilmente rintracciato da tutti coloro che, su Google, avessero digitato il cognome del ministro ("Melandri"). Invece: la nostra pagina è quasi IMPOSSIBILE da trovare, per tutti quelli che non visitano direttamente il nostro sito.
Problemi tecnici? Nuovi standard di Google? Sta di fatto che, adesso, le pagine di www.boysparma1977.it sono molto meno rintracciabili rispetto a quanto lo sono state fino al 19 settembre 2007. Ufficialmente non abbiamo prove per affermare si tratti di censura, ma la coincidenza è estremamente sospetta.
Effettuando una ricerca su Google per i termini "melandri boys parma" (ricerca estremamente specifica!!!) la nostra pagina dell'articolo non risulta nei primi 400 risultati (abbiamo controllato proprio questa mattina alle ore 11). MOLTO "strano". Al terzo posto compare "TIFO-Net NOTIZIE - scritte direttamente dagli ultras", che rimanda al nostro articolo pubblicato da altri su Tifonet (siamo citati come fonte). Proviamo a collegarci (http://www.tifonet.it/notizie/articolo.php?codice=23551&sn=tn) ma è stato cancellato. La pagina appare ma l'articolo è scomparso. Ufficialmente non abbiamo prove per affermare si tratti di censura, ma la coincidenza è estremamente sospetta.
Effettuando una ricerca su Google, scrivendo esattamente il titolo dell'articolo (contenuto nel titolo della pagina) "giovanna melandri a nudo" (ricerca estremamente specifica!!!) la nostra pagina dell'articolo compare in 225a posizione. Viceversa, altre pagine (Parmadaily e Tifonet), che hanno (o avevano) pubblicato il nostro stesso articolo… sono, rispettivamente, in prima e seconda posizione.
Tutte coincidenze (estremamente sospette)?
Oppure… dopo aver comprato e occupato i media, e dopo averci tolto striscioni, megafoni e impianti audio, cercano di ridurci al silenzio anche sul web?
Continueremo a difendere e diffondere la verità, anche se è scomoda. Chi vuole aiutarci in questa missione può liberamente pubblicare l'articolo "Giovanna Melandri, a nudo" sul proprio sito o diffonderlo in rete (con o senza collegamento ipertestuale al nostro sito).
ULTRAS LIBERI!
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