Le
immagini televisive delle decine di corpi privi di vita sparsi sul
campo da gioco dello stadio Ellis Park di Johannesburg non sono le
prime e, probabilmente, non saranno le ultime.
Il calcio,
purtroppo, è abituato a convivere con tragedie di questo genere.
La storia del calcio mondiale, da Johannesburg a Mosca, da Lima a
Sheffield a Bruxelles, più volte è stata macchiata dal sangue di
centinaia di innocenti vittime di resse, crolli, grandinate e
incendi avvenuti in ogni angolo del globo.
L'elenco di
questi gravi incidenti può cominciare da Johannesburg stessa:
protagoniste sempre le stesse formazioni dei Kaizer Chief e degli
Orlando Pirates, le due squadre più seguite nella sconfinata
Soweto, ghetto nero dove questo derby è particolarmente sentito. E'
il 13 gennaio del '91, infatti, quando le due squadre si
affrontano in un'amichevole nel piccolo impianto Ernest Oppenheimer di
Orkney: basta una contestata decisione arbitrale in una gara senza
punti in palio per scatenare un inferno dentro lo stadio. Alla fine
i morti saranno 42, 50 i feriti.
Restando nel continente
nero e nel recente passato, sono tredici i morti in Zimbawe-Sud
Africa, giocatasi il 9 luglio scorso nelle eliminatorie dei
Mondiali 2002: prima
gli incidenti scoppiati tra tifosi, poi le
cariche e i lacrimogeni delle forze dell'ordine che creano il
letale fuggi fuggi generale.
La tragedia che conta il maggior
numero di vittime è però avvenuta nell'ex Unione Sovietica, nel
1962 il teatro è lo stadio Lenin di Mosca: si gioca per la Coppa
Uefa Spartak-Haarlem, crolla una grande balaustra, scene
apocalittiche dalle quali viene fuori il bilancio di 340 morti.
Cifra simile, due anni dopo, a Lima per "colpa" di un gol
annullato ai padroni di casa durante Perù-Argentina: 320 i morti, più di
un migliaio i feriti.
Continuando si incontra la tragedia
dell'Heysel datata 29 maggio 1985: nella finale di Coppa Campioni
tra Juventus e Liverpool, giocata nel vetusto stadio di Bruxelles,
muoiono schiacciate dalla furia degli hooligans britannici 39
persone.
Salto indietro, poi, al 1982 quando l'11 maggio una
sigaretta mal spenta causa un incendio nello stadio in legno di
Bradford: 56 vittime.
Si può morire anche di grandine: l'11
marzo 1988, infatti, una violenta grandinata si abbatte in uno
stadio di Katmandu, 80 i morti tra le migliaia di persone che
cercano riparo uscendo dall'impianto. Sono in 89 a perdere la vita,
invece, a Città del Guatemala il 17 ottobre del '96 quando la
capienza dello stadio viene superata di quindicimila unita: da un
piccolo focolaio scoppia una ressa che lascia cadaveri e feriti per
terra.
La scia di sangue conta altri morti a Sheffiled (95),
Bastia (12) e Glasgow (66). Se in Europa le rigide normative hanno
reso gli stadi sempre più sicuri, non altrettanto si può dire di
Asia, Africa e Sud America, dove da un momento all'altro potrebbero
arrivare altre tristi immagini come quelle di Johannesburg
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