Al
1' l'Olimpico è un palcoscenico che fa onore al calcio, anche se
le ore precedenti il derby di Roma sono state scandite da alcuni
episodi di violenza con tre operatori della Rai aggrediti da alcuni
facinorosi. Qualche tafferuglio anche nel dopopartita. Ma lo
spettacolo degli spalti scintillanti di bandiere, sciarpe,
cartoncini colorati e tricolori rimane. La coreografia della curva
laziale è bella nell'estetica, ma offensiva nei contenuti: un
gigantesco “Roma me...”, esibito allo stadio colorato di
giallorosso. La Curva Sud risponde con un ironico "Prendiamoci a
pallonate" che campeggia su uno sfondo tricolore.
Dal settore
dei sostenitori laziali partono alcuni ululati prima nei confronti
di Cafu e poi di Zebina. I giallorossi ricambiano con un lancio di
oggetti ai laziali che vanno a battere i calci d'angolo nella lunetta
alla sinistra del fronte d'attacco.
Il popolo romanista si
veste a festa nei primi dieci minuti della ripresa quando vanno in
rete Batistuta e Del vecchio. Lo stadio diventa un torrente
impetuoso. Dopo l'1-0 Batistuta si esibisce nella consueta
“mitragliata” e poi nella foga travolge un cameraman. Il 2-0 vale a
Delvecchio un mucchio selvaggio. Totti si rivolge alla Sud e si batte
il petto proprio là dove dovrebbe essere cucito lo scudetto. Sembra
dire: “Ormai non ce lo toglie più nessuno”.
Poi inizia il
derby della Lazio, l'impossibile rincorsa conclusa dalla bomba di
Castroman al 95'. L'argentino vola sotto la Nord, scortato da
capitan Nesta, quasi che servisse una guida a questa portentosa ala
destra, felice fino alla commozione, contenta fino alle lacrime di
esibire la maglietta bianca con l'immagine di un cugino che non c'è
più. Le sue prime parole da biancocleste furono ispirate da una
grande ambizione. Adesso tutti capiscono perché.
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