Abbiamo
chiesto, e gentilmente ottenuto, un'intervista autoredatta dal
"Progetto Ultrà" di Bologna, per far conoscere meglio attività
e finalità di un gruppo affiatato, unico nel suo genere, al servizio
del Movimento Ultras...avanti così ragazzi!
Progetto
Ultrà
Il “Progetto Ultrà –
Archivio sul Tifo”, con sede a Bologna
presso l’UISP (Unione Italiana Sport Per tutti) Emilia-Romagna,
custodisce un ricco archivio di materiale italiano e non, comprensivo di
pubblicazioni, filmati, fotografie, e della mostra itinerante Il
dodicesimo uomo, storia, immagine a materiale del mondo ultrà, che ha già
fatto tappa a Ravenna e presto entrerà in altri stadi.
L’archivio è nato nel 1996 ed è unico in Europa per la sua
completezza. Per noi si è rivelato strumento indispensabile per portare avanti
il “Progetto Ultrà”.
Per presentare adeguatamente il progetto, partiamo da alcune
considerazioni sulla recente proposta del Ministro degli Interni Enzo Bianco di
agire in maniera drastica per contrastare la violenza negli stadi, se necessario
giungendo anche a precludere al pubblico l’accesso agli stadi stessi. Secondo
noi la proposta del Ministro Bianco rischia di generare ulteriore violenza per
la sua miopia e per la sua improvvisazione. Come capita spesso in questi casi,
si vuole porre rimedio a dei problemi, non cercando di comprenderli e
analizzarli, ma preferendo la via emergenziale. Da trent’anni, praticamente da
quando ha cominciato a fare la sua comparsa il fenomeno del tifo organizzato, i
governi di tutti i colori hanno ritenuto che la violenza negli stadi fosse
soltanto un problema di ordine pubblico, pensando di fornire una risposta molto
forte dal punto di vista mass-mediologico, ma improntata all’improvvisazione.
Mai che nessuno si fosse degnato di tentare di limitare la violenza attivando un
dialogo con i tifosi o incentivando gli interventi di carattere sociale per
proporre strade diverse da quelle repressive.
Se
si vuole affrontare il problema della violenza negli stadi, si deve
necessariamente aprire un confronto con quei soggetti che nello stadio vivono.
In trent’anni i disordini non sono diminuiti, e questo significa che certe
politiche repressive hanno fallito. In più non va sottovalutato il fatto che
oggi la tensione non è esclusivamente tra tifoserie opposte, ma soprattutto tra
tifosi e polizia.
I politici sembrano non vedere, ma attualmente molti incidenti non
avvengono in gradinata, ma fuori, nei centri delle città, nelle stazioni.
Inoltre, probabilmente non si arriverà mai ad una situazione di vera chiusura
degli stadi, anche perché nel ’98 la vendita di biglietti e abbonamenti ha
fruttato alle società di calcio ben 422 miliardi, per cui, come si può ben
capire, ci sono interessi economici di notevole entità. È giunto il momento
per il Viminale di pensare che delegare alle forze dell’ordine il controllo
assoluto all’interno degli impianti sportivi è tra le cose più sbagliate che
si possano compiere. Del resto anche le misure prese dopo la tragedia del treno
che colpì la tifoseria della Salernitana, con la soppressione dei treni
speciali e il divieto di vendita dei biglietti ai tifosi delle squadre in
trasferta nel giorno della partita, si sono rivelati un suicidio: per le stesse
Forze dell’ Ordine controllare i tifosi in movimento è risultato più
difficile senza i treni speciali. Infatti, da allora, più gente si muove con le
macchine e questo comporta maggiori rischi anche per gli stessi tifosi. Per
quanto riguarda i biglietti, invece, il divieto ha finito con l’alimentare il
bagarinaggio e gli scontri con la polizia.
Proprio
per valorizzare un mondo troppo spesso demonizzato, è nato il Progetto Ultrà.
Noi
crediamo che, attraverso il tifo la partita si trasforma in una festa, dove la
curva ha i suoi simbolismi, la sua coreografia; si sviluppa la creatività, si
inventano nuovi slogan, gli stendardi liberano la fantasia. Per noi questo è un
valore importante che può trasmettere la cultura ultrà. E’ l’esempio di
un’identità profonda che, attraverso il calcio, unisce un gruppo di amici
alla squadra e alla città. Gli ultras, anche se in questi casi i mass media non
fungono da cassa di risonanza, si mobilitano molto per la solidarietà: dalla
raccolta dei fondi per “Telefono Azzurro”, alla raccolta di indumenti ed
altro per le popolazioni bosniache colpite dalla guerra, dagli aiuti per i
terremotati a quella per gli alluvionati. Il mondo ultrà, è vero, ha anche un
particolare rapporto con la violenza. Ma spesso l’erogazione della violenza è
fatta da codici e regole che la limitano. Talvolta, e ultimamente neanche troppo
di rado, queste regole vengono oltrepassate da gruppi e cani sciolti che si
adoperano nel fare vandalismi, utilizzare armi improprie, aggredire passanti o
utilizzare lo stadio come luogo di propaganda politica. Noi siamo contro queste
degenerazione e il nostro lavoro va
nella direzione di una limitazione di questi tipi di violenza o di
strumentalizzazione. Questi sono stati i punti di partenza che ci hanno portato
ad avvicinare tutta la diversa gente che frequenta le varie curve.
Cosa abbiamo fatto in concreto? Abbiamo cominciato con alcuni incontri
con singole tifoserie, arrivando poi a “mettere insieme” su tematiche comuni
anche gruppi rivali. Si è parlato della diffida, del caro biglietti,
dell’assistenza legale. Nel 1998 la “carovana” del Progetto Ultrà ha
fatto tappa in varie città. L’iniziativa si chiamava Libero
cittadino? No, ultras! E molte tifoserie, le domeniche 19 e 26 aprile del
1998 hanno esposto in gradinata uno striscione con questa scritta. A Pistoia,
nell’autunno dello stesso anno, un centinaio di gruppi ultrà si sono
confrontati ed hanno approvato all’unanimità una proposta di modifica della
legge sulla violenza nel tifo. Sia chiaro, nessuno chiede l’impunità, ma
garanzie e certezze per l’imputato si. Oggi, se inneggi alla violenza, ti puoi
beccare una diffida; ma che cosa dovremmo dire, allora, di tante trasmissioni
televisive violente nel linguaggio, o delle continue risse televisive tra i
politici (talvolta non in senso metaforico)? Abbiamo diffuso un manualetto con
“diritti e doveri” degli ultras e sono state fornite ai tifosi le
indicazioni del buon comportamento proprio per non trovarsi in situazioni
spiacevoli da un punto di vista penale.
Ora
stiamo cercando di creare una rete tra gli avvocati che difendono gli ultrà
perché tutti insieme adottino strategie di difesa comuni e più efficaci e
perché così gli ultras fermati in trasferta abbiano subito un avvocato
“esperto” del luogo pronto a difenderli (se avete avvocati di fiducia, che
vogliono essere coinvolti nel progetto, segnalateli a progettoultra@libero.it
o mandate una e-mail al sito www.tifonet.it/asromaultras
)
Ogni anno, in estate, ci facciamo promotori ed organizzatori di un torneo
di calcio tra ultrà di vari gruppi, tifosi europei, centri giovanili, comunità
di immigrati, chiamato “Mondiali Antirazzisti”. Più che un appuntamento
agonistico, si tratta ovviamente di un’occasione di socializzazione che offre
ai partecipanti, oltre all’opportunità di giocare assieme a pallone, anche
quella di tifare e divertirsi sugli spalti, e di un nutrito programma ludico e
culturale (concerti musicali gratuiti dal vivo, dibattiti, con possibilità di
praticare giochi, dal biliardino al ping-pong), con tanto di servizio di
ristorazione a nostra cura.
In
un momento così delicato per le curve italiane, in cui si fa un gran parlare di
razzismo, a volte giustamente, a volte a sproposito, ci auguriamo che il
progetto Viking Italia, unico nel suo genere, tenga conto di quei fattori che
oggi hanno portato alla frammentazione di tanti gruppi ultrà per idee politiche
e comportamenti contrastanti. Noi del Progetto Ultrà siamo sempre stati a
favore di un tifo che dimentichi ogni tipo di politica all’ingresso dello
stadio. Augurandoci un tifo genuino, che finalmente faccia degnamente da cornice
festosa e da motivo di incontro per le tifoserie di vari club, salutiamo Viking
Italia, dandoci appuntamento a Roma.
Mauri del Progetto Ultrà
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